GIOVANNA ZAMBONI, Professore Associato presso il Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Le patologie neurodegenerative sono state definite “il morbo del secolo” a causa della loro crescente prevalenza dovuta all’aumento della popolazione mondiale e al suo invecchiamento. É questa la ragione per la quale sono sempre più necessarie le attività di prevenzione, che consentono ai soggetti di mantenere attive le competenze cognitive, relazionali ed emotive nella terza e quarta età.

Le patologie neurodegenerative sono sempre più diffuse e possono essere definite il “morbo del secolo”. Quali sono i principali fattori di rischio e quali, invece, i principali fattori di protezione?
Le patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer e il Parkinson, vengono spesso definite il “morbo del secolo” a causa della loro crescente prevalenza dovuta all’aumento della popolazione mondiale e al suo invecchiamento. I fattori di rischio variano da malattia a malattia, ma ve ne sono alcuni (quali età avanzata, stili di vita malsani ed esposizione a inquinanti ambientali) che sono noti esercitare un effetto negativo trasversale per tutte le patologie neurodegenerative. In alcune specifiche malattie può esistere anche essere una predisposizione genetica. Ad esempio, la presenza di specifiche varianti del gene APOE4 aumenta il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer. Dall’altra parte, ci sono anche alcuni fattori protettivi, come l’attività fisica e l’attività mentale svolte con regolarità, la partecipazione ad ambienti sociali attivi e un sonno regolare sono esempi che sostengono la salute cerebrale proteggendo gli individui dalla manifestazione dei sintomi delle malattie neurodegenerative o ritardandola il più possibile.
Nella proposta progettuale viene affrontata la questione cruciale della prevenzione. Quali sono i segnali d’allarme che devono essere considerati? Come la tecnologia può essere considerata un supporto da questo punto di vista?
Per quanto riguarda la demenza, i segnali d’allarme includono difficoltà persistenti nella memoria o nel linguaggio, episodi di confusione spaziale e cambiamenti di umore e personalità. Da questo punto di vista, la tecnologia può offrire un supporto significativo. I dispositivi di monitoraggio della salute, come smartwatch e applicazioni mobili, consentono di raccogliere informazioni in modo continuativo, fedeli al contesto di vita delle persone. Al tempo stesso, gli strumenti di telemedicina hanno il potenziale di agevolare l’accesso ai servizi, facilitando un intervento precoce.
Lively Ageing prevede la
collaborazione con alcune delle realtà residenziali più importanti del nostro
Territorio. Quali suggerimenti per la quotidianità? Quali stratagemmi
possono essere considerati dagli operatori sanitari per sostenere il
mantenimento del benessere psico-fisico degli ospiti anziani?
Per la quotidianità degli anziani nelle realtà residenziali, è essenziale creare un ambiente che promuova in modo olistico e personalizzato il benessere di tutti, coinvolgendo attivamente anche il nucleo familiare e i caregivers. La sensibilizzazione e la formazione su questi temi sono fondamentali per consentire ai professionisti sanitari di progettare piani terapeutici sempre più efficaci e inclusivi.
Quali attività possono essere, invece, proposte per il mantenimento cognitivo e per la salvaguardia della dimensione socio-relazionale?
Sono numerose le attività che ci possono mantenere cognitivamente e socialmente “attivi”. Le attività che combinano i due aspetti hanno molteplici vantaggi, dall’aumentarne l’effetto benefico al garantirne una più facile sostenibilità sul lungo termine. Ad esempio, sappiamo che leggere fa bene al cervello. Ma se invece di limitarci a leggere da soli in casa, partecipiamo a gruppi di lettura potremo beneficiare anche della socializzazione e della discussione con gli altri partecipanti. Lo stesso vale per arte, musica e attività fisica.