
EUGENIO CAPERCHIONE, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Economia “Marco Biagi”, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Lively Ageing coinvolge nove partners collocati in tre province della Regione Emilia-Romagna e intende affrontare la sfida dell’invecchiamento tramite la progettazione di un modello di rete replicabile e sostenibile. Il progetto nasce in un contesto demografico e sociale in rapido mutamento: l’invecchiamento della popolazione e la diminuzione delle nascite rappresentano sfide cruciali per il futuro del welfare e per la sostenibilità dei sistemi di cura. Abbiamo chiesto al Professor Eugenio Caperchione, responsabile scientifico del progetto, di raccontarci la visione e gli obiettivi che animano questa iniziativa.
Da quali bisogni e riflessioni nasce il progetto Lively Ageing?
Negli ultimi decenni, l’aumento della speranza di vita e il progressivo calo della natalità stanno ridisegnando la struttura demografica del nostro Paese e dell’Europa intera. Quella che un tempo era considerata una conquista sociale – vivere più a lungo – oggi si accompagna a nuove sfide: come garantire qualità della vita, autonomia e benessere alle persone anziane, in un contesto in cui le risorse umane e finanziarie destinate alla cura sono sempre più limitate?
Lively Ageing nasce proprio da questa domanda. L’obiettivo è sviluppare modelli innovativi di cura e di accompagnamento, che combinino l’utilizzo intelligente della tecnologia con la creazione di reti di servizi e relazioni capaci di sostenere l’invecchiamento attivo. L’idea è che la longevità possa essere vissuta come una fase vitale, ricca di opportunità e di partecipazione, e non come un periodo di progressivo isolamento.
In che modo la tecnologia può contribuire a rendere sostenibile il sistema di cura?
La tecnologia rappresenta oggi una leva imprescindibile. Il rapido avanzamento dei bisogni legati alla fragilità e all’invecchiamento richiede soluzioni nuove, che non possono gravare unicamente sulle famiglie o sui servizi tradizionali. Strumenti digitali, sensori domestici, piattaforme di monitoraggio e robotica assistita possono diventare alleati preziosi per potenziare la capacità del sistema di prendersi cura delle persone. Nel progetto Lively Ageing la tecnologia non è concepita come sostituto della relazione umana, ma come strumento di integrazione e prevenzione. L’uso di dispositivi intelligenti e di interfacce accessibili permette di monitorare i parametri di benessere, stimolare l’attività cognitiva e fisica, favorire la socialità, e in generale ridurre il rischio di isolamento e di decadimento. È un modo per anticipare il bisogno, intervenendo prima che la fragilità si traduca in dipendenza.
Che ruolo hanno in questa visione di invecchiamento attivo la prevenzione e le reti di servizi?
Il concetto di invecchiamento attivo è centrale. Significa pensare alla longevità non solo in termini di cura, ma anche e soprattutto in termini di prevenzione, partecipazione e inclusione sociale. L’età anziana può e deve essere considerata una fase in cui la persona continua a essere risorsa per sé e per la comunità.
In questa prospettiva, le reti di servizi – pubblici, privati e del terzo settore – assumono un ruolo strategico. Nessun attore, da solo, può rispondere alla complessità dell’invecchiamento. Occorre costruire alleanze territoriali che integrino competenze sanitarie, sociali, tecnologiche e comunitarie. Lively Ageing si muove proprio in questa direzione: sviluppare un modello collaborativo, capace di connettere innovazione tecnologica e capitale sociale, in modo da costruire un ecosistema del prendersi cura realmente sostenibile.
Quali prospettive apre un progetto come Lively Ageing per le politiche del welfare del futuro?
Ritengo che progetti come Lively Ageing abbiano un duplice valore: sperimentale e sistemico. Da un lato, consentono di testare soluzioni concrete per migliorare la qualità della vita delle persone anziane; dall’altro, producono conoscenza utile a ripensare i modelli di welfare in senso più integrato e proattivo.
In un contesto di risorse pubbliche limitate, non possiamo più immaginare un welfare solo redistributivo. Serve un welfare abilitante, che aiuti le persone a mantenersi attive e a valorizzare le proprie capacità, usufruendo di strumenti tecnologici che ampliano le possibilità di autonomia. In questo senso Lively Ageing rappresenta un laboratorio di innovazione sociale, che guarda al futuro non solo dell’invecchiamento, ma della società intera.
